Riprendere a scrivere quando si è in silenzio per un po' può spesso risultare difficile, non tanto perché si interrompe il contatto col lettore - ché molte volte si scrive più per se stessi che per gli altri - quanto piuttosto, soprattutto quando si parla di un blog, e quindi quasi di una sorta di diario, il tempo continua a scorrere inesorabilmente e ad argomenti si sommano argomenti per cui uno vorrebbe in un colpo solo parlare di tante cose. Ed è così anche in questo caso....settimane di silenzio che hanno sono state settimane di vita, incontri e situazioni da raccontare, libri e film, persone, città, ma anche settimane di eventi che al personare possono attenere in maniera più o meno stretta. E allora da dove cominciare?
E mi verrebbe quasi da rispondere, con Troisi, ricomincio da tre, anche per dare un senso a quel numero che ho messo nel titolo, e la risposta in realtà, così come il titolo stesso non sarebbe peregrina. Tre nomi, tre persone, tre artisti per i quali non è stato aprile il più crudele dei mesi, ma il settembre appena trascorso. Due non li conoscevo direttamente, ma solo attraverso la loro arte e quello che hanno saputo darmi. Il primo, con le note di quella tastiera che tante volte ho risuonato in concerto, il secondo con i suoi occhi blu e i suoi personaggi memorabili (Cool Hand Luke, Butch Cassidy, "Fast" Eddie Felson). Il terzo invece era il meno famoso dei tre, ma era un amico. Molti lo conoscevano per una o due canzoni, alcuni altri avranno canticchiato mille volte il suo ritornello più famoso, ignorandone l'autore...Eppure Stefano di canzoni ne ha scritte tante, fino all'ultimo; anzi, negli ultimi anni aveva ripreso a fare dischi (autoprodotti) con una frequenza che tradiva la sua voglia di fare musica e di comunicare. Un ricordo fra tutti....un giorno mi chiama e mi dice che vuole registrare alla stazione di Manziana, perché c'è un'acustica splendida e, in fondo, passa solo un treno ogni ora. E così, minidisc alla mano, siamo andati lì e l'acustica era veramente perfetta, ma quello che ricordo di più era la sua voglia di suonare, una lunga teoria di musica, da john denver a lennon passando per pezzi suoi, musiche di ispirazione caraibica ed un vasto repertorio fingerpicking, genere del quale era maestro. Ecco, se devo pensare a Stefano mi piace ricordarlo così....
Grazie per i giorni ad occhi aperti
grazie per gli amici, quelli veri
per i sentimenti ancora incerti
diventati poi sinceri
grazie forse un po' all'età
...
grazie per le sere coi parenti
per le botte in mezzo ai denti
da chi non sente pietà
e grazie per i sentimenti belli
perché in fondo sono quelli
la mia sola libertà.
Ma, parlando di canzoni, voglio chiudere questo post con le parole di quella che è forse, tra quelle che Stefano ha scritto, la mia preferita, per più di un motivo.
BOLOGNA '77 (Stefano Rosso)
L’inverno passava qualcuno di lì
Il nastro girava, suonava “Lilly”,
Girava il pallone, lo stadio impazzì
La voce tremava, l’inverno finì.
E poi primavera, e qualcosa cambiò
Qualcuno moriva, e su un ponte lasciò
Lasciò i suoi vent’anni e qualcosa di più
E dentro i miei panni, la rabbia che tu
Da sempre mi dai, parlando per me
Scavando nei pensieri miei,
Guardandomi poi dall’alto all’ingiù
E forse io valgo di più.
L’estate moriva, Bologna, tremò,
La dalia fioriva e la gente pensò
Dei tanti domani vestiti di jeans
Chiamandoli “strani”, ma non fu così
E quando m’incontri, se pensi di me
Tu sappi che il sole che splende per te
E il grano che nasce, e l’acqua che va
E’ un dono di tutti, padroni non ha
E il grano che nasce, e l’acqua che va
E’ un dono di tutti, padroni non ha.
L’inverno passava qualcuno di lì
Il nastro girava, suonava “Lilly”,
Girava il pallone, lo stadio impazzì
La voce tremava, l’inverno finì.
E poi primavera, e qualcosa cambiò
Qualcuno moriva, e su un ponte lasciò
Lasciò i suoi vent’anni e qualcosa di più
E dentro i miei panni, la rabbia che tu
Da sempre mi dai, parlando per me
Scavando nei pensieri miei,
Guardandomi poi dall’alto all’ingiù
E forse io valgo di più.
L’estate moriva, Bologna, tremò,
La dalia fioriva e la gente pensò
Dei tanti domani vestiti di jeans
Chiamandoli “strani”, ma non fu così
E quando m’incontri, se pensi di me
Tu sappi che il sole che splende per te
E il grano che nasce, e l’acqua che va
E’ un dono di tutti, padroni non ha
E il grano che nasce, e l’acqua che va
E’ un dono di tutti, padroni non ha.
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