19 agosto 2008

Live from Denmark

Quasi venti giorni e di questa ennesima permanenza danese ho scritto poco più che un paio di righe incidentali in un altro post. Come si vedrà, effettivamente, anche questa volta la città non sarà che un punto di partenza per parlare d'altro, ma tant'è. Copenhagen, dicevamo, d'estate mostra il suo vestito della festa: lunghe giornate accompagnate da quella luce del nord di cui ho già parlato, concerti in diverse piazze, giardini in fiore e tavolini fuori, come un lungo ed unico bistrot che si dipana per i canali. Niente residenza universitaria questa volta, ma un appartamento nel quartiere di Amager (che gli autoctoni, evidentemente preoccupati per lo stato dei loro polmoni, pronunciano Ama' risparmiando ben tre lettere...), quartiere che la mia guida non esita a definire operaio e che probabilmente adesso si va gradualmente gentrificando, vista la sua vicinanza con il campus universitario. Ma torniamo all'appartamento: al di là del noto gusto danese per il design, che fa sì che qualsiasi posto anche piccolissimo qui sia arredato piacevolmente, la casa possiede un elemento fondamentale che me l'ha fatta amare fin da subito, ovvero un giradischi. A questo si aggiunga che i miei padroni di casa mi hanno lasciato un'ampia collezione di vinili (e anche di cd, va detto) di quelli che avrei potuto benissimo aver comprato io: Johnny Cash, Nick Cave, Jeff Buckley, Cohen ed Eric Clapton, Dire Straits e Led Zeppelin, solo per citarne alcuni. E tra questi, oggi mi va di fermarmi a parlare di uno in particolare.
L'autore è di quelli che per molti lettori di questo blog - e non solo - non ha bisogno di molte presentazioni ed il disco in questione è tra i suoi più famosi e, a mio parere, più belli. Come forse si poteva già intuire dalla foto scelta come apertura di questo post, sto parlando di Willie Nelson e del suo "Across the borderline". La struttura del disco assomiglia molto a quella che avrebbe poi caratterizzato gli American Recordings di Johnny Cash: collaborazioni di alto livello ed un repertorio fatto di molte cover e qualche inedito dello stesso Willie.

And I don't know a soul who's not been battered
I don't have a friend who feels at ease
I don't know a dream that's not been shattered
or driven to its knees
Si comincia con la chitarra di Paul Simon a fare da contrappunto alla voce di Willie che interpreta la sua American Tune, quasi un recitativo in alcuni punti sostenuto solo da un arabesco di pedal steel a ricordare come non ci si possa sentire benedetti per sempre.

Other people say
stop living in the past
but when there's nothing left
it's your memory that lasts
Ed a ribadire questo concetto, seppure in un ambito più ristretto, ci pensa il brano successivo, Getting over you, dove la voce di Bonnie Raitt ci accompagna attraverso i cocci di un amore finito, che è sempre difficile lasciarsi alle spalle.

I was taught to fight, taught to win
I never thought I could fail
No fight left or so it seems
I am a man whose dreams have all deserted
Ive changed my face, Ive changed my name
But no one wants you when you lose
E così dopo un omaggio a John Hiatt e al suo peccato meno originale troviamo un'altra perla del disco: parole e musica di Peter Gabriel e la voce di Sinead O' Connor per dipingere un altro personaggio borderline in cerca di riscatto.

There's a home place under fire tonight in a heartland
And bankers are taking the homes and the land away
There's a young boy closin' his eyes tonight in a heartland
Who will wake up a man with some land and a loan he can't pay
Ancora un duetto, una canzone che si dice sia stata scritta a quattro mani via fax (un po' come Massimiliano ed Andrea per città di frontiera), un altro nome che non ha bisogno di presentazioni, mr. Robert Zimmerman, ancora un'immagine in musica della dissoluzione del sogno americano.

When you reach the broken promised land
And every dream slips through your hands
Then youll know that its too late to change your mind
cause youve paid the price to come so far
Just to wind up where you are
And youre still just across the borderline
Avrei dovuto dire due immagini, perché senza soluzione di continuità si passa ad un'altra cover "di lusso", quell'Across the Borderline di Ry Cooder e John Hiatt che dà il titolo al disco. La terra promessa è 'broken' esattamente come si rivelerà in alcune canzoni di Springsteen (che non a caso ha più volte cantato dal vivo questa canzone, che ultimamente è stata ripresa anche da Tom Russell) e il Rio Grande un sospiro che scorre tra la vita e la morte. La voce di Kris Kristofferson ai cori impreziosisce ulteriormente questo brano.

E ancora omaggi al Dylan di Oh mercy e a Paul Simon (Graceland), più due cover di Lyle Lovett insieme ai pezzi scritti direttamente da Willie concorrono a fare di questo un gran disco.

18 agosto 2008

Ubriacarsi di luna, di vendetta, di guerra....


Ci sono canzoni che si portano dentro per lungo tempo e poi riaffiorano quando meno te le aspetti. In questo caso, di fronte ad un tramonto su una panchina da cui si potevano vedere i due laghi (Martignano e Bracciano), con il cielo appena ripresosi da uno di quegli acquazzoni che di tanto in tanto punteggiano l'estate. Il resto l'hanno fatto un filosofo ed una chitarra, ed un De Gregori d'annata.

Due zingari (Francesco De Gregori)
Ecco stasera mi piace così
con queste stelle
appiccicate al cielo
la lama del coltello
nascosta nello stivale
e il tuo sorriso
trentadue perle

così disse il ragazzo
nella mia vita non ho mai avuto fame
e non ricordo sete
di acqua o di vino
ho sempre corso libero,
felice come un cane.

Tra la campagna e la periferia
e chissà da dove venivano i miei
dalla Sicilia o dall'Ungheria
avevano occhi veloci come il vento
leggevano la musica
leggevano la musica nel firmamento

Rispose la ragazza ho tredici anni
trentadue perle nella notte
e se potessi ti sposerei
per avere dei figli
con le scarpe rotte
girerebbero questa
ed altre città
questa ed altre città
a costruire giostre
e a vagabondare
ma adesso è tardi
anche per chiaccherare.

E due zingari stavano appoggiati alla notte
forse mano nella mano
e si tenevano negli occhi
aspettavano il sole
del giorno dopo
senza guardare niente
sull'autostrada accanto al campo
le macchine passano velocemente
e gli autotreni mangiano chilometri
sicuramente vanno molto lontano
gli autisti si fermano
e poi ripartono
dicono c'è nebbia,
bisogna andare piano
si lasciano dietro
un sogno metropolitano.

11 agosto 2008

senza titolo

Una dedica ad un caro amico. Senza aggiunta di altre parole, solo quelle di questa canzone. Ed un abbraccio forte.


Ninna Nanna (Vecchioni)

Invecchierai senza cambiare mai
perdonerai a tutti e non a te
aspetterai come è tuo solito
finché verrà la luna a prenderti
e parlerai di me con tutti quanti
so che parlerai e che ci credo
e che son l'unico dirai, ma sbaglierai.
Invecchierai, sarà difficile
vederti più, quasi impossibile
e non dovrai star con le carte su
non tornerò mai più per ultimo,
ricorderai di me le sere
che parlavo insieme a te
di un vecchio amore che non è finito mai
e il mio dolore rivedrai.
Invecchierai guardando fuori ma
cucinerai cipolle insipide fin quando puoi
leggera come sei tu volerai, oh sì che volerai
e sognerai, che tanto
non ti costa niente, sognerai
che io sia grande come mi vorresti tu
e piegherai la testa, e allora dormirai.

10 agosto 2008

evasioni

La east side gallery è un tratto di muro di più di un chilometro lungo la Spree al confine tra Friedrichshain e Kreuzberg. Dopo il 1989, il lato est di questo tratto di muro ha fatto da tavolozza ad artisti tedeschi ed internazionali più o meno noti, che si sono avvicendati nell'arricchirlo con i loro contributi. Ma un tratto di muro è un'opportunità troppo ghiotta non solo per gli artisti di strada o meno, ma per chiunque abbia qualcosa da comunicare: e così in calce ad uno dei vari graffiti, qualcuno aveva lasciato una scritta, in italiano. Una scritta che per tutto il tempo del viaggio ho cercato di ricordare da dove fosse stata presa e della cui origine sono venuto a capo solo oggi. Era una frase tratta da un programma radiofonico di qualche tempo fa, che forse molti ricorderanno e la lascio a chiusura di questo breve post:

Un uomo solo che guarda il muro è un uomo solo. Ma due uomini che guardano il muro è il principio di un'evasione.

09 agosto 2008

Alexanderplatz, aufwiedersehen

Ci sono giornate che cambiano di volto quando meno te l'aspetti, ed oggi è stata una di queste, per vari motivi - il più esteriore dei quali legato alla variabilità meteorologica che in questi giorni sta caratterizzando le mie giornate nel Nord-Europa. Già perché oggi sono di nuovo a Copenhagen, di ritorno da una troppo corta parentesi berlinese, che ha riempito le mie precedenti giornate di amici, di ricordi e di una lunga teoria di racconti e di foto, ma di questo parlerò dopo.
Dicevamo di oggi: il cielo mattutino apparentemente sereno mi aveva suggerito di andare a lavorare in bicicletta, ignaro del fatto che la mia diversità antropologica dal danese medio (fatta di svariati centimetri di meno in altezza) accoppiata all'assenza di una brucola nel raggio di chilometri me l'avrebbero repente impedito. Tuttavia Giove pluvio aveva pensato bene di venire incontro alla mia delusione di non potermi allenare per il prossimo tour de france scatenando poco dopo un lunghissimo temporale - per una volta coincidente con l'orario d'ufficio (allungato attraverso qualche partita di ping pong - eh sì...il gruppo di ricerca con cui collaboro ha un tavolo da ping pong nella sala riunioni!! - per evitare di tornare a casa zuppo).
E così, quando ero già rassegnato a buttarmi in un autobus e tornare a casa il più velocemente possibile, Copenhagen mi ha restituito uno di quegli spettacoli per cui amo i paesi scandinavi: il cielo si è aperto improvvisamente, lasciando spazio ad una luce vespertina che ravvivava gli edifici di mattoni rossi così tanto comuni nel centro della città e lo spettro del viaggio in autobus si è trasformato in una lunga passeggiata al sole del tramonto.

Ma dicevamo di Berlino prima....e tutto sommato anche il titolo di questo post suggerirebbe che dovrei parlarne...c'erano tante persone, ognuna con i suoi diversi motivi dietro questo viaggio: porte da aprire o da chiudere, voglia di stare insieme, curiosità per il non visto, voglia di mettere punti, virgole o semplicemente spazi, e tanto altro. Ed è così che un pranzo in una kneipe di Mitte può trasformarsi senza soluzione di continuità in uno spettacolo di magia: tutto sta ad incontrare il cameriere giusto, giusto e particolare come l'altro cameriere, quello del chiosco a Treptower park, che almeno da che io ricordi è sempre stato lì (il cameriere, non tanto il chiosco). E parlando di Treptower park, ripenso ad una camminata di una quindicina di chilometri attraverso la città, dove sembrava sempre ci fossero ancora solo 500 metri da fare, una camminata lungo il vecchio ed il nuovo che in nessun posto, nemmeno a Parigi sull'asse Defense-Champs Elysées, sembrano essere così armonicamente compresenti, e forse il chilometro e due di muro trasformato in galleria d'arte a cielo aperto a Friedrichshain ne è paradigmatica rappresentazione quasi quanto Potsdammer Platz. Ma Treptower park sono stati anche questi versi, scritti un pomeriggio:

Occhi che guardano
senza vedere
chiusi
come silenzi
troppo assordanti.

Occhi che chiedono
senza domandare
come una mano
aperta
nascosta
in una tasca.

Occhi riflessi
in altri
occhi
troppo vicini
per poter capire.

Indosso la vita
come un paio
di lenti
scure
che aspettano solo
le prime gocce
di verità.

Tutt'attorno
per ora
solo
le nuvole.


E quando si è tra amici possono capitare tante cose che vada la pena ricordare, ad esempio decidere di varare una nave di carta mentre si è in fila per vedere il Pergamon Museum, approfittando del canale sottostante. E così la piccola Jeunesse è stata vista navigare verso la Spree, ancora qualche ora dopo la nostra visita. Altri versi, questa volta più d'occasione, scritti in mezzo ad un altro prato:

Giovinezza è
una nave
di carta
su acque
troppo vaste.

Per quanto può
naviga
controcorrente.

Giovinezza
ha occhi
su di sé
mentre si allontana
ma la città
sembra
non accorgersene.

Dietro alle spalle
ancora
un altro
giorno.

02 agosto 2008

Diteggiature


"Una volta scoperto il potere della musica non si può più tornare indietro. E' come quando ti masturbi per la prima volta. Non ti puoi più fermare. Hai stappato una bottiglia e la schiuma zampilla fuori a fiotti, una pressione che ti strappa la porta dalle mani, la svelle dai cardini e non lascia che un'apertura vuota. Sapete, come quei film dove un sommergibile è colpito dalle bombe di profondità e i marinai tutti sporchi di grasso corrono al portellone della paratia stagna per cercare di chiuderlo, ma vengono scagliati in ogni direzione come barchette di sughero dalla violenza della colonna d'acqua."

Mikael Niemi - Musica rock da Vittula