Quasi venti giorni e di questa ennesima permanenza danese ho scritto poco più che un paio di righe incidentali in un altro post. Come si vedrà, effettivamente, anche questa volta la città non sarà che un punto di partenza per parlare d'altro, ma tant'è. Copenhagen, dicevamo, d'estate mostra il suo vestito della festa: lunghe giornate accompagnate da quella luce del nord di cui ho già parlato, concerti in diverse piazze, giardini in fiore e tavolini fuori, come un lungo ed unico bistrot che si dipana per i canali. Niente residenza universitaria questa volta, ma un appartamento nel quartiere di Amager (che gli autoctoni, evidentemente preoccupati per lo stato dei loro polmoni, pronunciano Ama' risparmiando ben tre lettere...), quartiere che la mia guida non esita a definire operaio e che probabilmente adesso si va gradualmente gentrificando, vista la sua vicinanza con il campus universitario. Ma torniamo all'appartamento: al di là del noto gusto danese per il design, che fa sì che qualsiasi posto anche piccolissimo qui sia arredato piacevolmente, la casa possiede un elemento fondamentale che me l'ha fatta amare fin da subito, ovvero un giradischi. A questo si aggiunga che i miei padroni di casa mi hanno lasciato un'ampia collezione di vinili (e anche di cd, va detto) di quelli che avrei potuto benissimo aver comprato io: Johnny Cash, Nick Cave, Jeff Buckley, Cohen ed Eric Clapton, Dire Straits e Led Zeppelin, solo per citarne alcuni. E tra questi, oggi mi va di fermarmi a parlare di uno in particolare.
L'autore è di quelli che per molti lettori di questo blog - e non solo - non ha bisogno di molte presentazioni ed il disco in questione è tra i suoi più famosi e, a mio parere, più belli. Come forse si poteva già intuire dalla foto scelta come apertura di questo post, sto parlando di Willie Nelson e del suo "Across the borderline". La struttura del disco assomiglia molto a quella che avrebbe poi caratterizzato gli American Recordings di Johnny Cash: collaborazioni di alto livello ed un repertorio fatto di molte cover e qualche inedito dello stesso Willie.
And I don't know a soul who's not been battered
I don't have a friend who feels at ease
I don't know a dream that's not been shattered
or driven to its knees
Si comincia con la chitarra di Paul Simon a fare da contrappunto alla voce di Willie che interpreta la sua American Tune, quasi un recitativo in alcuni punti sostenuto solo da un arabesco di pedal steel a ricordare come non ci si possa sentire benedetti per sempre.
Other people say
stop living in the past
but when there's nothing left
it's your memory that lasts
Ed a ribadire questo concetto, seppure in un ambito più ristretto, ci pensa il brano successivo, Getting over you, dove la voce di Bonnie Raitt ci accompagna attraverso i cocci di un amore finito, che è sempre difficile lasciarsi alle spalle.
I was taught to fight, taught to win
I never thought I could fail
No fight left or so it seems
I am a man whose dreams have all deserted
Ive changed my face, Ive changed my name
But no one wants you when you lose
E così dopo un omaggio a John Hiatt e al suo peccato meno originale troviamo un'altra perla del disco: parole e musica di Peter Gabriel e la voce di Sinead O' Connor per dipingere un altro personaggio borderline in cerca di riscatto.
There's a home place under fire tonight in a heartland
And bankers are taking the homes and the land away
There's a young boy closin' his eyes tonight in a heartland
Who will wake up a man with some land and a loan he can't pay
Ancora un duetto, una canzone che si dice sia stata scritta a quattro mani via fax (un po' come Massimiliano ed Andrea per città di frontiera), un altro nome che non ha bisogno di presentazioni, mr. Robert Zimmerman, ancora un'immagine in musica della dissoluzione del sogno americano.
When you reach the broken promised land
And every dream slips through your hands
Then youll know that its too late to change your mind
cause youve paid the price to come so far
Just to wind up where you are
And youre still just across the borderline
Avrei dovuto dire due immagini, perché senza soluzione di continuità si passa ad un'altra cover "di lusso", quell'Across the Borderline di Ry Cooder e John Hiatt che dà il titolo al disco. La terra promessa è 'broken' esattamente come si rivelerà in alcune canzoni di Springsteen (che non a caso ha più volte cantato dal vivo questa canzone, che ultimamente è stata ripresa anche da Tom Russell) e il Rio Grande un sospiro che scorre tra la vita e la morte. La voce di Kris Kristofferson ai cori impreziosisce ulteriormente questo brano.
E ancora omaggi al Dylan di Oh mercy e a Paul Simon (Graceland), più due cover di Lyle Lovett insieme ai pezzi scritti direttamente da Willie concorrono a fare di questo un gran disco.
Facciamo la Morale !!
16 ore fa
1 commento:
non lo so come ho trovato il tuo blog, è passato parecchio tempo, direi tredici anni da quando è finito il lieceo, e poi altri due o tre da quqndo ci siamo incontrati di corsa e senza il tempo di dire nulla nei corridoi dell'auditorium, però il tuo blog è bello, pieno di cose aq cui non pensavo da tempo, dalla highway 61 a stefano rosso, e insomma, mi fa piacere vedere che viaggi e vivi e sei pieno di idee come sempre, ti abbraccio con affetto, tuo
Guido Iuculano
p.s. se hai voglia davvero di commuoverti proustianamente sulla rete, cerca con google "ercole siciliano": c'è una serie di appunti che ti strappano il cuore, sembra di sentire le sue lezioni, e adesso ciavrà settant'anni e la pancia e le coronarie ecc... ho pensato perfino di scrivergli, ma non mi è venuto nulla
un altro abbraccio
g.
Posta un commento