11 ottobre 2007

La musica al tempo della sua riproducibilità tecnica

Interessante mossa quella dei Radiohead: a partire da ieri è, infatti, possibile scaricare da un sito appositamente creato il loro nuovo album InRainbows, che avrà la rete come unico canale di distribuzione. Infatti sia per la versione esclusivamente digitale che per la versione su supporto fisico, l'acquisto potrà essere effettuato solamente attraverso quel sito. Con una particolarità, mentre per il cofanetto di due cd ed altrettanti vinili, il prezzo è fissato dalla band, se si va a vedere i costi per lo scaricamento del disco in mp3, la casella rimane vuota e si lascia all'utente la decisione su quanto corrispondere per potersi portare a casa il nuovo lavoro del gruppo. Anche un singolo penny (seppure a questo vadano aggiunti 45 pence di spese di gestione).
Interessante mossa, quindi, che però, va detto, si mantiene comunque entro l'ambito discorsivo del mercato e di una legge del valore che, seppure messa in crisi, viene comunque mantenuta come misura all'interno dello schema produzione/distribuzione.
Sembrerà a qualcuno una precisazione capziosa, ma la differenza tra pagare 1 penny, con l'obbligo di avere una carta di credito o debito per completare l'operazione, e non pagare nulla non sta semplicemente in quel centesimo e mezzo di euro (70 centesimi se si considerano le spese per la gestione della transazione), ma risiede comunque in un'idea di gerarchizzazione delle possiblità di usufrutto ed in un concetto di gestione della cooperazione dell'intelletto sociale ancora di parte capitalistica, seppure in maniera sempre più illuminata.
Per cui, ben vengano iniziative come quelle dei Radiohead, ma le si prendano per quelle che sono: un ulteriore esempio di come il capitalismo avanzato possa fare della crisi la sua cifra ontologica, una deterritorializzazione su cui, però, si possono dare delle diverse linee di fuga e meccanismi altri di riterritorializzazione che sovvertano l'ordine discorsivo ancora dominante.

10 ottobre 2007

Canzone per un'amica


Questo post parla di amicizia ed ha una dedica particolare. Parla di amici che si allontanano, così da un giorno all'altro eppure a dispetto della lontananza, dell'assenza e dei silenzi, non riescono a smettere di essere amici. Parla di due anni della mia vita, trascorsi nell'assenza di una delle persone che ritenevo e ritengo tuttora più care, due anni finiti improvvisamente ed inaspettatamente, così come erano cominciati, l'anno scorso alla vigilia di un mio viaggio verso terre lontane.
Ne parla con le parole di una delle canzoni di Springsteen che amo di più, anch'essa dedicata - a dispetto del nome di donna - ad un amico che si era allontanato e che poi, dopo anni è ritornato a tutti gli effetti a far parte della E-street band, anche se al tempo nessuno dei due l'avrebbe probabilmente immaginato.
Ne parla ora, come un brindisi a notti di parole scambiate e mischiate con bicchieri di tequila ghiacciata, a confessioni e racconti fatti di sguardi, a spalle su cui piangere e sorrisi di cui gioire, a letti su cui dormire senza preavviso e alla certezza che alcune amicizie non finiscono, anche quando sembrano essere giunte al capolinea.
Buona fortuna bobby jean.

BOBBY JEAN (Bruce Springsteen)
Well I came by your house the other day,
your mother said you went away

She said there was nothing that I could have done
There was nothing nobody could say
Me and you we've known each other
ever since we were sixteen

I wished I would have known,
I wished I could have called you

Just to say goodbye bobby jean

Now you hung with me when all the others
turned away, turned up their nose

We liked the same music we liked the same bands
we liked the same clothes

We told each other that we were the wildest,
the wildest things we'd ever
seen
Now I wished you would have told me
I wished I could have talked to you

Just to say goodbye bobby jean

Now we went walking in the rain
talking about the pain from the world we hid

Now there ain't nobody nowhere nohow
gonna ever understand me the way you did

Maybe you'll be out there on that road somewhere
In some bus or train traveling along
In some motel room there'll be a radio playing
And you'll hear me sing this song
Well if you do you'll know I'm thinking of you
and all the miles in between

And I'm just calling one last time not to change your mind
But just to say I miss you baby,
good luck goodbye, bobby jean

05 ottobre 2007

PIacevoli sorprese


Amo molto i fumetti, e questo non è di certo un mistero. E Julia è uno dei fumetti di "ultima generazione" che leggo solitamente con assiduità e piacere, piacere che non trascende, tra le altre cose, l'essere una sintesi di alcune delle mie passioni, il noir, i gatti...ed Audrey Hepburn.
Bene...ieri, leggendo il numero attualmente in edicola, ci ho scovato due piacevolissime sorprese. La prima è stata una lunga citazione (più di qualche tavola) della canzone John Henry, ovvero di una delle più cantate note labor song della tradizione musicale degli Stati Uniti, a fare da sottofondo al breve racconto di un personaggio. La seconda, più nascosta e soprattutto più inattesa, è stato il richiamo a quella che forse è una delle più buone birre che abbia mai bevuto, ovvero la birra Panil, prodotta dal birrificio artigianale di Torrechiara. Non vi dico la sorpresa quando, a un certo punto della lettura, mi sono ritrovato davanti una tavola che rappresentava un aereo di quelli che portano in giro gli striscioni pubblicitari, e, su quello striscione, la scritta "Drink Panil Beer"....Direi che è un ottimo auspicio per la piola di domani (forse non tutti i lettori capiranno, ma qualche volta va bene anche così :-)).

01 ottobre 2007

Mai tornare indietro, neanche per prendere la rincorsa

Riprendo a scrivere su questo blog dopo un mese esatto, un mese esatto che mi ha visto quasi costantemente in giro tra l'Italia e l'Europa, attraverso posti e persone che meriterebbero sicuramente di essere descritti con maggior dettaglio. Oggi no, però. Oggi voglio parlare d'altro, e l'altro è un piccolo libro appena uscito per DeriveApprodi, un libro da leggere tutto d'un fiato, magari accompagnandosi con qualcuno dei brani dell'ideale colonna sonora che non a caso ne costituisce la fine. Dico non a caso, perché è proprio la musica, insieme alle suggestioni letterarie e cinematografiche, l'elemento che forse contribuisce di più a tracciare i percorsi del 68 che danno il titolo al libro stesso. E così le parole di David Bowie filtrate attraverso la voce di Nico fanno da cesura al passaggio dalla stagione dei gruppi a quella dell'autonomia organizzata, Gaber e Luporini si alternano a Joe Strummer e Neil Young per chiudere il cerchio aperto da quello che secondo l'autore è stato "il più grande di tutti", Fabrizio de André. Così, man mano che andavo avanti con la lettura, mi sono venute in mente le parole di Deleuze e Guattari a proposito del fatto che perché un mondo divenga libro, allora il libro deve divenire qualcos'altro: bene, sotto questo aspetto, il libro di Augusto è un concatenamento ben riuscito, un efficace divenire suono o immagine della parola scritta. A chiusura, avrei voluto riportare qui una frase ma quella frase è stata riportata prima di me dal mio amico Franco e quindi rimando al suo blog per la sua lettura, trattenendone soltanto l'epigrafe, con le parole di Marianne Faithfull:
never apologize, never explain