25 marzo 2008

La parte della fortuna


Da molto tempo il noir sembra essere il genere d'elezione per parlare del presente e del futuro anteriore, per dirla con i termini dei post-operaisti, o se si preferisce riprendere Deleuze e Guattari, per cartografare contrade a venire. Ed è proprio una citazione da millepiani che apre la prima fatica romanzesca di Luca Casarini, una citazione che potrebbe servire a ricordarci di quanto il noir sia un genere rizomatico, il trionfo della paratassi, al contrario del giallo poliziesco tradizionale ('Abbiate idee corte. Fate carte, non foto o disegni'). E a riportarci ad un altra caratteristica principale del noir, già citata in apertura, ovvero quella di non interessarsi al vero o al falso, quanto di cartografare il possibile, ci pensano la seconda citazione messa in calce al libro, il Melville di Moby Dick che ci ricorda che 'non è segnata in nessuna carta: i luoghi veri non lo sono mai' e l'avvertenza iniziale dell'autore, un'affermazione dall'interno del genere più che un semplice detournement di maniera ('di solito, è proprio quello che appare vero ad essere inventato, al contrario di ciò che sembra impossibile e invece è già accaduto').
E così La parte della fortuna è un romanzo che ci parla fortemente del presente, di migranti e cpt (meraviglioso il racconto dello smontaggio del cpt di via mattei nel 2002 - forse la più spettacolare azione di disobbedienza civile dopo genova), ma anche di centri sociali e movimento e lo fa con gli strumenti che sono propri del genere noir, compresi degli intermezzi culinari che non sfigurerebbero assolutamente in un romanzo camilleriano.
Ottima anche la scelta dell'immagine di copertina, quel Banksy che prima ancora di essere utilizzato in diversi altri libri, è parte integrante dell'iconografia di movimento, essendo tra l'altro il "logo" della rete per l'autoformazione.