27 aprile 2007

Non spegni il sole se gli spari addosso



Delinquente abituale. Finora quest'espressione nel mio universo lessicale era associata solamente al nomignolo scherzoso con cui, da un paio d'anni a questa parte, siamo soliti designare un amico musicista, per il suo non disertare mai i luoghi dove ci sia da suonare in compagnia.
Ma delinquente abituale vuol dire anche altro, e in questi giorni lo sta sperimentando sulla propria pelle Francesco, un amico e compagno di ESC, cui da due giorni è stato notificato l'avviso orale (Articolo 1 della legge Scelba-Cossiga). Nel dispositivo della legge, le motivazioni di tale notifica andrebbero ricercate nel numero di reati accumulati, ma Francesco ha per ora solo denunce o processi ancora da aprire, o nelle frequentazioni poco raccomandabili (ESC o il movimento universitario???)....Sulla base di rapide considerazioni viene da pensare che l'attacco di cui Francesco è stato fatto oggetto voglia essere di più che un semplice attacco alla persona, mirando a colpire esperienze di conflitto e di pratiche di autonomia, sempre e comunque esercitate alla luce del sole, nell'ambito delle battaglie che negli ultimi anni hanno investito il tessuto metropolitano sia a livello cittadino che continentale.
Francesco è uno dei fratelli e delle sorelle che hanno dato e continuano a dare vita con i loro corpi e con le loro parole a questa eccedenza. Francesco oggi non può e non deve essere solo. L'attacco nei suoi confronti non è una questione privata.
Voi non potete fermare il vento, gli fate solo perdere tempo!!!!

La poesia della rivolta



La serata comincia con un paio di maledizioni nei confronti del traffico che, facendomi arrivare in ritardo, mi impedisce di sentire i due pezzi d'apertura fatti da picchio e la prima parte del set dei fratelli severini, ma all'ingresso sono subito abrracci con i numerosi amici in platea (per quelli sul palco bisognerà attendere la fine del concerto).
L'occasione si chiama Poesia e Rivolta, ovvero il tour che i Gang e Claudio Lolli stanno portando in giro per l'Italia da qualche mese: due set separati, che ricalcano più o meno parzialmente i loro usuali concerti ed un finale insieme di grande intensità, con Marino e Claudio a duettare su Poco di Buono ed Anna di Francia (ahimé mutilata della sua ultima parte) e gli Zingari a fare da chiusura.
Salutata la partenza di Marino e Sandro, eroici nel ripartire in notturna da Sezze verso l'Emilia dove avrebbero avuto un concerto il giorno dopo, una piacevole sorpresa: la cena con gli altri due moschettieri, Claudio e Paolo (Capodacqua, il suo chitarrista e fraterno amico), si è trasformata via via in una piola improvvisata: chitarre che spuntavano fuori da ogni dove ed un pianoforte che ho pensato bene di colonizzare per una jam session che si è protratta fino a notte fonda, alternando Guccini a Creedence, De Gregori alla Pfm e ai Pink Floyd, e che mi ha regalato il vaffanculo amichevole di Claudio, quando scherzando l'ho invitato a cantare The Guns of Brixton.
Non è proprio questione d'amore, è qualcosa di più.....

12 aprile 2007

God bless you, Dr. Kevorkian

Ero già pronto a scrivere d'altro oggi, così come avrei voluto che l'occasione per parlare di lui fosse di ben altra natura. Invece così non è stato...
Arrivederci, Kilgore Trout!

"Questo è il racconto dell'incontro di due uomini bianchi, solitari, macilenti e abbastanza anziani, su un pianeta che andava rapidamente morendo.
Uno dei due era uno scrittore di fantascienza di nome Kilgore Trout. A quel tempo non era nessuno e immaginava che la propria vita fosse finita. Si sbagliava: in seguito a quell'incontro, divenne uno degli esseri umani più amati e rispettati della storia.
Colui col quale s'incontrò era un rivenditore d'auto, un concessionario della Pontiac di nome Dwayne Hoover. Dwayne Hoover era sul punto d'impazzire.

- State a sentire:
Trout e Hoover erano cittadini degli Stati Uniti d'America, Paese per brevità chiamato direttamente America. Questo che segue era il suo inno nazionale, un'autentica cretinata, come tante altre cose che quel Paese era portato a prendere sul serio:

Oh, dimmi, distingui alla prima luce dell'alba
quella che salutammo con tanta fierezza all'ultimo
bagliore
del crepuscolo?
Le cui larghe strisce e lucenti stelle,
per tutto il periglioso scontro
di sugli spalti vedemmo fileggiare
eroicamente?
E la rossa vampa dei razzi, le bombe
deflagranti nell'aria,
per tutta la notte prova ci diedero
che la nostra bandiera era ancora lì.
Oh, dimmi, ondeggia ancora quel vessillo
a stelle e strisce
sulla terra del libero e sulla patria
del prode?


- C'erano un milione di miliardi di nazioni nell'Universo, ma la nazione alla quale appartenevano Dwayne Hoover e Kilgore Trout era l'unica ad avere, chissà perché, un inno nazionale costellato di punti interrogativi.
Ecco come si presentava la bandiera di quella nazione:


A proposito di questa bandiera, quella nazione aveva una legge che nessun'altra nazione aveva a proposito della propria. E quella legge diceva: “La bandiera non deve essere abbassata davanti a nessuna persona o cosa”.
Abbassare la bandiera era una forma di saluto amichevole e rispettoso che consisteva nel portare la bandiera con tutta l'asta quasi fino a terra, per poi sollevarla di nuovo.

- Il motto della nazione di Dwayne Hoover e Kilgore Trout, che - in una lingua che nessuno più parlava - significava Dalla molteplicità l'unità, era il seguente: E pluribus unum.
L'inabbassabile bandiera era una bellezza e l'inno e il motto insignificante magari non avrebbero avuto molta importanza, non fosse stato che per questo: un bel po' di cittadini erano a tal punto ignorati, ingannati e insultati, da ritenere di aver forse sbagliato Paese, o addirittura pianeta, e da pensare che chissà quale orrendo errore fosse stato commesso. Se quel loro inno e quel loro motto avessero menzionato l'equità o la fratellanza, la speranza o la felicità, se in qualche modo le avessero auspicate per quella società e per i suoi beni reali, essi ne avrebbero tratto un po' di conforto.
Se poi studiavano le loro banconote in cerca di qualche indicazione sulla natura del loro Paese, trovavano, tra tante altre fessate barocche, la riproduzione di una piramide tronca con sopra un occhio raggiante, così:

Neppure il presidente degli Stati Uniti sapeva cosa significasse esattamente. Era come se il Paese dicesse ai propri cittadini: «Nell'insensatezza è la forza»."

da "Breakfast of Champions" di K. Vonnegut

04 aprile 2007

Il dominio e il sabotaggio

Una canzone italiana, stavolta; ancora una volta una canzone di parte. Della parte dove alcuni di noi hanno scelto sempre di stare, la parte della gioia, della lotta, della vita.

CECCO IL MUGNAIO (Mercanti di Liquore)

Forza venite gente, correte, correte, è scoppiata la guerra!
Vi si comanda perciò di prender le armi e lasciar questa terra
il vostro re vi guida alla vittoria, ritornerete carichi di gloria

E tutti quanti dicon di si, e sono già pronti a partire
soltanto Cecco il mugnaio stavolta ha deciso di disobbedire


Forza venite gente, correte, correte, è scoppiata la fame
Vi si comanda perciò di portare a palazzo ogni avanzo di pane
il vostro re dev'essere nutrito, venite a soddisfare il suo appetito

E tutti quanti dicon di si e sono già pronti a partire
soltanto Cecco il mugnaio decide di nuovo di disobbedire


Forza venite gente, correte, correte, è scoppiato il dolore
Vi si comanda perciò di non bere più vino e non fare all'amore
il vostro re si strugge nel tormento, quindi si faccia eco al suo lamento

E tutti quanti dicon di si e sono già pronti a partire
soltanto Cecco il mugnaio, continua tranquillo a disobbedire


Forza venite gente, correte, correte, è scoppiata la peste
Vi si comanda perciò di chiudervi in casa e serrar le finestre
dimenticate dunque questa vita, il vostro re dichiara che è finita

E tutti quanti dicon di si, e sono già pronti a morire
soltanto Cecco il mugnaio decide di nuovo di disobbedire


Ora il villaggio è deserto e nelle contrade non c'è più nessuno
freddo percorre le strade un vento cattivo, fratello del fumo
resta soltanto Cecco che ride a gran voce tra i muri di corte
disobbediente alla fame, alla sete, al dolore e persino alla morte.

03 aprile 2007

Ritagli

Compagno sembra ieri eppure ne è passato di tempo......

Torno ad aprire questo blog dopo giorni in cui è rimasto forzosamente sopito per le peregrinazioni e gli impegni del suo autore, e mi rendo conto di quante delle situazioni e delle sensazioni vissute in quest'ultimo periodo ne siano rimaste fuori.
Avrei dovuto parlare di Bruxelles e della sua luce del nord, di musicisti di strada e di bistrot dove l'odore dei waffel appena fatti si mischia a quello più familiare del caffè. Di bouquinistes dall'accento che tradisce la lontana origine italiana che fanno da unica cesura alla lunga teoria di cioccolate di varia natura in grado di solleticare l'appetito anche delle persone meno gastronomicamente curiose.
Avrei dovuto parlare di Kris e del suo concerto. Da solo - chitarra, voce e armonica - ha regalato le sue storie migliori, storie di naufragi personali e di demoni interiori, storie di lotta e di libertà, storie d'amore.
Avrei anche dovuto parlare del novello "capelli corti generale", accolto nella maniera più acconcia, al suo ingresso nel tempio del sapere e della pletora di reazioni da questo suscitate.
Di Marghera, che mi ha restituito un fine settimana di straordinaria ricchezza umana, prima ancora che politica e splendidi tramonti sulla laguna di Venezia.
Avrei dovuto.....