09 agosto 2008

Alexanderplatz, aufwiedersehen

Ci sono giornate che cambiano di volto quando meno te l'aspetti, ed oggi è stata una di queste, per vari motivi - il più esteriore dei quali legato alla variabilità meteorologica che in questi giorni sta caratterizzando le mie giornate nel Nord-Europa. Già perché oggi sono di nuovo a Copenhagen, di ritorno da una troppo corta parentesi berlinese, che ha riempito le mie precedenti giornate di amici, di ricordi e di una lunga teoria di racconti e di foto, ma di questo parlerò dopo.
Dicevamo di oggi: il cielo mattutino apparentemente sereno mi aveva suggerito di andare a lavorare in bicicletta, ignaro del fatto che la mia diversità antropologica dal danese medio (fatta di svariati centimetri di meno in altezza) accoppiata all'assenza di una brucola nel raggio di chilometri me l'avrebbero repente impedito. Tuttavia Giove pluvio aveva pensato bene di venire incontro alla mia delusione di non potermi allenare per il prossimo tour de france scatenando poco dopo un lunghissimo temporale - per una volta coincidente con l'orario d'ufficio (allungato attraverso qualche partita di ping pong - eh sì...il gruppo di ricerca con cui collaboro ha un tavolo da ping pong nella sala riunioni!! - per evitare di tornare a casa zuppo).
E così, quando ero già rassegnato a buttarmi in un autobus e tornare a casa il più velocemente possibile, Copenhagen mi ha restituito uno di quegli spettacoli per cui amo i paesi scandinavi: il cielo si è aperto improvvisamente, lasciando spazio ad una luce vespertina che ravvivava gli edifici di mattoni rossi così tanto comuni nel centro della città e lo spettro del viaggio in autobus si è trasformato in una lunga passeggiata al sole del tramonto.

Ma dicevamo di Berlino prima....e tutto sommato anche il titolo di questo post suggerirebbe che dovrei parlarne...c'erano tante persone, ognuna con i suoi diversi motivi dietro questo viaggio: porte da aprire o da chiudere, voglia di stare insieme, curiosità per il non visto, voglia di mettere punti, virgole o semplicemente spazi, e tanto altro. Ed è così che un pranzo in una kneipe di Mitte può trasformarsi senza soluzione di continuità in uno spettacolo di magia: tutto sta ad incontrare il cameriere giusto, giusto e particolare come l'altro cameriere, quello del chiosco a Treptower park, che almeno da che io ricordi è sempre stato lì (il cameriere, non tanto il chiosco). E parlando di Treptower park, ripenso ad una camminata di una quindicina di chilometri attraverso la città, dove sembrava sempre ci fossero ancora solo 500 metri da fare, una camminata lungo il vecchio ed il nuovo che in nessun posto, nemmeno a Parigi sull'asse Defense-Champs Elysées, sembrano essere così armonicamente compresenti, e forse il chilometro e due di muro trasformato in galleria d'arte a cielo aperto a Friedrichshain ne è paradigmatica rappresentazione quasi quanto Potsdammer Platz. Ma Treptower park sono stati anche questi versi, scritti un pomeriggio:

Occhi che guardano
senza vedere
chiusi
come silenzi
troppo assordanti.

Occhi che chiedono
senza domandare
come una mano
aperta
nascosta
in una tasca.

Occhi riflessi
in altri
occhi
troppo vicini
per poter capire.

Indosso la vita
come un paio
di lenti
scure
che aspettano solo
le prime gocce
di verità.

Tutt'attorno
per ora
solo
le nuvole.


E quando si è tra amici possono capitare tante cose che vada la pena ricordare, ad esempio decidere di varare una nave di carta mentre si è in fila per vedere il Pergamon Museum, approfittando del canale sottostante. E così la piccola Jeunesse è stata vista navigare verso la Spree, ancora qualche ora dopo la nostra visita. Altri versi, questa volta più d'occasione, scritti in mezzo ad un altro prato:

Giovinezza è
una nave
di carta
su acque
troppo vaste.

Per quanto può
naviga
controcorrente.

Giovinezza
ha occhi
su di sé
mentre si allontana
ma la città
sembra
non accorgersene.

Dietro alle spalle
ancora
un altro
giorno.

1 commento:

la roscia ha detto...

e poi c'erano i ceciarelli. la birra ancha a colazione. gli strudel. non neve, ma borse sotto agli occhi.
prati e biciclette. chilometri e chilometri di camminate.
un sacco di piloni. (ehe.)
un diario di viaggio tutto in una cartina.
e la città più sincera che io abbia mai visto.

non è stata una vacanza, ma un viaggio.
che, per inciso, entra immediatamente nella top 3 dei miei viaggi.