08 gennaio 2007

Il paradiso può attendere


C'è un uomo ormai avanti con gli anni, quell'uomo è rimasto solo e la sua solitudine è ingigantita dalle immagini di una vita comune delle quali ancora si circonda e dai gesti rituali che continua a ripetere giorno dopo giorno. Ha un figlio, con il quale però non riesce a rapportarsi, rappresentando per quest'ultimo il feticcio di tutte le proprie insicurezze e senso di inferiorità. Quell'uomo è stato un campione, forse il più grande della sua categoria, anche se ora si trova costretto a snocciolare gli stessi ricordi patinati a clienti distratti che entrano nel suo nuovo ristorante italiano. Quell'uomo ha una possibilità, "solitudini che si incontrano" direbbe la versione vecchion-nanniniana del gioiello di Kristofferson, e a quella possibilità si aggrappa con tutte le sue forze per poter risalire la china. Anche quando quella possibilità per lui significa varcare la linea, già perché il suo ultimo sfidante ha quello come soprannome, "the line", un soprannome ironicamente accostato al fittizio nome che gli è stato assegnato Mason Dixon (strana ironia della sorte per un pugile di colore dei bassifondi che si è emancipato ed è diventato un campione famoso avere come nome Mason Dixon e per sovramercato "the line" come soprannome, quasi a voler rimarcare con insistenza quella linea che per anni ha diviso fisicamente gli Stati Uniti e che è continuata e continua ad esistere ancora più o meno immaterialmente nell'immaginario di più di una persona).
Sabato ho visto Rocky Balboa....e non ne sono affatto pentito :-).

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