Britstol è una città che per molti versi somiglia a Roma. Tagliata in due da un fiume e con il mare, anzi l'oceano in questo caso a pochi chilometri, il suo nucleo urbanistico si è sviluppato anch'esso attorno a sette colli. Se ci si volge a guardare il profilo della città da uno di essi, lo spettacolo è quello di edifici bassi, spesso caratterizzati da diverse tonalità di rosso: quando comincia la bella stagione e la luce si sofferma su quei colori, spesso inframmezzati da macchie di verde e di altre tonalità testimoni della passione inglese per fiori e giardini, è uno spettacolo che non lascia indifferente. La prima volta che ci sono stato, era agosto e sono stato accolto dal canto dei gabbiani e da una luce crepuscolare che andava a morire sul suspension bridge e sul porto fluviale sottostante. In questi giorni, invece, il risveglio della primavera ha accompagnato degnamente le note di uno dei cantautori che amo di più in assoluto, kris kristofferson.
Il set è stato aperto da un giovane inglese fino ad allora per me sconosciuto, per il cui disco kris ha collaborato in due tracce (una delle quali insieme anche ad eddie vedder). Spero che il minidisc mi aiuti a ricordane il nome perché qualcuno dei pezzi non era niente male.
Poi è arrivato lui, giacca e jeans neri, e scaletta non troppo differente da quella di un anno fa a bruxelles, con buone dosi sia delle canzoni più vecchie che dei pezzi più recenti. Memorabile la battuta appena entrato in scena, in risposta alla presentazione da parte del gruppo spalla: "Don't call me god, everybody knows that god is Johnny Cash"